Viaggio nel tempo
Mi decisi. Presi il cellulare e corsi giu per le scale. Avviai la macchina e iniziai il mio viaggio verso quel dannato laboratorio. Viaggio poi, durò solo dieci minuti che però mi sembrarono un'eternità. Quando arrivai parcheggiai la macchina e mi presi qualche minuto per pensare realmente a quello che stavo per fare. Dopo una riflessione fra me e me mi feci forza ed entrai. Mi diressi in una stanza a destra dell'entrata, guidato da una voce a me familiare. Come feci a non capirlo, fra provette e strani miscugli, ecco quel pazzo del Professor Jekyll. Quando mi sentì entrare, sorpreso si girò di scatto e iniziò a parlarmi: "Ah Signor John, sapevo che avrei potuto contare su di lei, sapevo che la sua curiosità l'avrebbe condotta da me!" Io mi fermai a guardare i suoi occhi agitati, stanchi e soddisfatti. Distolto il mio sguardo dalla sua faccia risposi:" Ebbene sì Professor Jekyll, mi ha convinto. Però non perda tempo con queste sue " pozioni magiche" e iniziamo subito, se non vuole che io cambi idea."
Detto questo, non pronunciò più una parola, e mi accompagnò in un ulteriore stanza più grande.
"Ammiri Signor John, la più grande macchina del tempo che sia mai stata inventata, l'unica e la sola che può farti rivivere il passato e scoprire il futuro."
Io rimasi sconvolto. Veramente si poteva viaggiare nel tempo?
Veramente quello scienziato pazzo era riuscito a creare una macchina così potente?
Tante furono le domande nella mia testa, ma comunque decisi di ascoltarlo e continuare.
Mi disse che sarei dovuto andare nel futuro per scoprire la nostra evoluzione, e l'unica cosa che avrei dovuto fare sarebbe stato infilarmi in quell'aggeggio e liberare la mente. Io iniziai a spaventarmi, e domandai: "Professor Jekyll, dato che lei è molto più esperto di me, perché non intraprende lei quest'avventura?"
Lui rise. Mi guardò con un'aria di superficialità e mi rispose: "Signor John, lei pensa davvero che io non ci abbia pensato? Mi dica, se andassi io, chi pensa che mi riporterebbe alla realtà? Chi mi risveglierebbe? Lei è per caso capace? Per questo ho deciso di fidarmi di una persona responsabile abbastanza per affrontare questo viaggio, in questo caso lei."
"Professor Jekyll, la ringrazio della fiducia, ma lei crede veramente che io riesca in quest'impresa?"
"Signore, io non ci credo, ne sono sicuro, altrimenti non l'avrei scelta. Ma ora basta con le parole, si tappi quella bocca e entri nella macchina."
Feci quello che mi disse, entrai nella macchina e l'ultima cosa che sentii fu: "Buon viaggio John e stia attento."
Mi risvegliai. Fu come aver fatto una lunga e profonda dormita. Mi trovavo in un luogo strano, senza alberi, erba o piante. Senza nessuna forma di vita vegetale. C'erano molti palazzi e strutture. La tecnologia era molto avanzata e le persone non dialogavano più. Tutti avevano almeno un telefono, tablet o cellulare in mano. Avevano perso la possibilità di parlare, di esprimere le loro emozioni. Il mondo era spento, inquinato e stava lentamente morendo.
Scesi dalla macchina e iniziai a fare un giro, per vedere se veramente tutto era diventato così. Provai a dialogare, ma con ogni persona che parlavo mi guardava e tirava dritto. Non c'erano più negozi. Tutto si comprava online.
La gente era sbadata, e per guardare il loro cellulare spesso e volentieri inciampava o cadeva. Io non credevo ai miei occhi. Non volevo crederci.
Veramente la nostra generazione si sarebbe ridotta così? Cercai di non pensarci e continuai il mio viaggio. Camminavo, e incredulo iniziai a fare molte foto, per documentare quello che avevo visto.
Giovanna
FINE PRIMA PARTE
Mi decisi. Presi il cellulare e corsi giu per le scale. Avviai la macchina e iniziai il mio viaggio verso quel dannato laboratorio. Viaggio poi, durò solo dieci minuti che però mi sembrarono un'eternità. Quando arrivai parcheggiai la macchina e mi presi qualche minuto per pensare realmente a quello che stavo per fare. Dopo una riflessione fra me e me mi feci forza ed entrai. Mi diressi in una stanza a destra dell'entrata, guidato da una voce a me familiare. Come feci a non capirlo, fra provette e strani miscugli, ecco quel pazzo del Professor Jekyll. Quando mi sentì entrare, sorpreso si girò di scatto e iniziò a parlarmi: "Ah Signor John, sapevo che avrei potuto contare su di lei, sapevo che la sua curiosità l'avrebbe condotta da me!" Io mi fermai a guardare i suoi occhi agitati, stanchi e soddisfatti. Distolto il mio sguardo dalla sua faccia risposi:" Ebbene sì Professor Jekyll, mi ha convinto. Però non perda tempo con queste sue " pozioni magiche" e iniziamo subito, se non vuole che io cambi idea."
Detto questo, non pronunciò più una parola, e mi accompagnò in un ulteriore stanza più grande.
"Ammiri Signor John, la più grande macchina del tempo che sia mai stata inventata, l'unica e la sola che può farti rivivere il passato e scoprire il futuro."
Io rimasi sconvolto. Veramente si poteva viaggiare nel tempo?
Veramente quello scienziato pazzo era riuscito a creare una macchina così potente?
Tante furono le domande nella mia testa, ma comunque decisi di ascoltarlo e continuare.
Mi disse che sarei dovuto andare nel futuro per scoprire la nostra evoluzione, e l'unica cosa che avrei dovuto fare sarebbe stato infilarmi in quell'aggeggio e liberare la mente. Io iniziai a spaventarmi, e domandai: "Professor Jekyll, dato che lei è molto più esperto di me, perché non intraprende lei quest'avventura?"
Lui rise. Mi guardò con un'aria di superficialità e mi rispose: "Signor John, lei pensa davvero che io non ci abbia pensato? Mi dica, se andassi io, chi pensa che mi riporterebbe alla realtà? Chi mi risveglierebbe? Lei è per caso capace? Per questo ho deciso di fidarmi di una persona responsabile abbastanza per affrontare questo viaggio, in questo caso lei."
"Professor Jekyll, la ringrazio della fiducia, ma lei crede veramente che io riesca in quest'impresa?"
"Signore, io non ci credo, ne sono sicuro, altrimenti non l'avrei scelta. Ma ora basta con le parole, si tappi quella bocca e entri nella macchina."
Feci quello che mi disse, entrai nella macchina e l'ultima cosa che sentii fu: "Buon viaggio John e stia attento."
Mi risvegliai. Fu come aver fatto una lunga e profonda dormita. Mi trovavo in un luogo strano, senza alberi, erba o piante. Senza nessuna forma di vita vegetale. C'erano molti palazzi e strutture. La tecnologia era molto avanzata e le persone non dialogavano più. Tutti avevano almeno un telefono, tablet o cellulare in mano. Avevano perso la possibilità di parlare, di esprimere le loro emozioni. Il mondo era spento, inquinato e stava lentamente morendo.
Scesi dalla macchina e iniziai a fare un giro, per vedere se veramente tutto era diventato così. Provai a dialogare, ma con ogni persona che parlavo mi guardava e tirava dritto. Non c'erano più negozi. Tutto si comprava online.
La gente era sbadata, e per guardare il loro cellulare spesso e volentieri inciampava o cadeva. Io non credevo ai miei occhi. Non volevo crederci.
Veramente la nostra generazione si sarebbe ridotta così? Cercai di non pensarci e continuai il mio viaggio. Camminavo, e incredulo iniziai a fare molte foto, per documentare quello che avevo visto.
Giovanna
FINE PRIMA PARTE
Una scoperta inaspettata
Non dice niente. Per la prima volta non riesco a capire cosa pensa. Quando le ho detto la verità è rimasta senza parole. Non so come si concluderà questa storia, spero solo che non mi lasci, perché senza lei non vivrei più.
Io e Lindsey siamo stati amici per tanto tempo, finché due anni fa abbiamo deciso di sposarci. Andava tutto alla grande: un lavoro fantastico, dei genitori meravigliosi e la moglie migliore che si potesse desiderare, quando arrivò quel giorno, il giorno della verità, quel maledetto Venerdì…
Dopo aver preso una tazza di caffè con una brioche, baciai Lin e mi recai a lavoro. Stavo camminando godendomi la fresca brezza primaverile, quando vidi una luce venirmi incontro. Non vidi più nulla. Mi risvegliai su un lettino come quello negli ospedali. Mi alzai e rimasi seduto per un po’, finché qualcuno entrò nella stanza. Quel qualcuno aveva squame di colore blu, ma una forma umana. Appena lo vidi volli scappare, ma non ne ebbi la forza. A questo punto l’alieno mi si avvicinò e cominciò a parlare in una lingua che non sapevo nemmeno di capire.
Mi disse che la mia vera identità era quella di un alieno e che ero stato mandato sulla terra per scoprire gli stili di vita e la cultura, come sono i terrestri insomma.
Per un momento mi persi a pensare dove mi trovavo e dove fosse mia moglie. Quello che mi voleva dire l’extraterrestre era che io ero uno di loro e che ero pronto per ritornare sul loro pianeta, aiutandoli a creare rapporti pacifici con i terrestri.
Pensai e pensai, e decisi che prima avrei dovuto parlarne con Lindsey: “Forse perché lei sa sempre qual’ è la cosa giusta da fare.” pensai.
Riusciti a trovare un accordo con Newtaa, l’alieno, il quale mi disse che avevo tempo sette giorni per dire tutto alla mia famiglia e per raggiungere accordi con i membri più autorevoli della società.
Sceso dall’ astronave, esattamente nel luogo in cui ero stato preso, mi misi a correre in direzione di casa mia. Appena vidi Lin le raccontai tutto. Rimase a bocca aperta.
Sto ancora aspettando che lei mi risponda, che mi dica qualcosa. Quando ormai credo che abbia perso il dono della parola, dice:
“Non ci posso credere.”
Piange.
“Ti prego, se mi aiuterai e rimarrai con me, ce la faremo. Ti prego non lasciarmi, ma se deciderai di farlo, ricorda che ormai sono umano, ho dei sentimenti, e ti amo!
Sto per andarmene da quella casa, la casa dei nostri sogni, quella che abbiamo desiderato per tanto tempo, quando la vedo venirmi incontro ed abbracciarmi.
“Ti credo e ti aiuterò” dice fra le lacrime.
Quelle parole mi permettono di respirare di nuovo.
Siamo partiti da mezz’ora. Dovremmo esserci. Scendiamo dalla macchina, quando vedo Greg aspettarci davanti alla porta degli uffici dei collaboratori del presidente. Io e lui siamo amici da una vita, ed appena gli ho raccontato quel che era successo, ha riso come un matto pensando che scherzassi, ma quando ha capito che ero serio, si è subito offerto di aiutarmi. Dopo minuti e minuti di ascensore arriviamo al reparto Scienze Terrestri e Spaziali.
Il mio amico va a parlare con un ometto barbuto, ma ormai senza capelli, che sembra essere un a persona importante. Un’ora più tardi esco da un macchinario che rileva la presenza di un micro-chip all’interno del mio braccio. Me lo estraggono. Passa un altro quarto d’ora, quando l’ometto torna da noi.
“Allora signor extraterrestre” dice. “Questo micro-chip non proviene dalla Terra, questo è poco ma sicuro, però non sono convinto.”
“Cosa vuole dire?” chiedo.
“Questa tecnologia è ancora un prototipo nei nostri studi ed oltretutto non è così sviluppata” continua.
“Però, come posso avere la certezza che non sia tutta una trovata per essere portato dal vicepresidente?”
Mi alzo in piedi.
“Crede che me ne starei qui, a far perdere tempo a circa venti persone compreso me, quando potrei essere a casa mia a cenare con mia moglie, solo per incontrare il vicepresidente?” dico con un tono di voce che non ho mai usato prima.
“Va bene, va bene, non si scaldi però, organizzeremo un incontro entro domani” poi conclude a voce più bassa. “Comunque nemmeno io vorrei essere qui.”
Sono le 16:00, Greg mi ha raccomandati di essere agli uffici alle 17:00. Ieri notte non sono riuscito a chiudere occhio. Come faccio a raggiungere accordi in sette giorni?
Uno è già passato.
Lindsey è ancora scossa, lo sento, ma non ho il coraggio di chiederle nulla. Ha già fatto abbastanza, non è scappata via da me pur sapendo la verità, ma so che le ci vorrà del tempo per abituarsi.
Appena arrivati, Greg ci aspetta davanti al portone come il giorno precedente, ma questa volta non andiamo nello stesso reparto, ma ci rechiamo all’ ultimo: quello dell’ufficio della vicepresidente.
Appena ci vede dice: “Salve, prego accomodatevi.”
Ci sediamo e inizio a raccontare tutto quello che mi è successo il giorno prima. Quando finisco sono senza voce, quindi la signora dice: “Mi è stata riferita la presenza di un micro-chip nel suo braccio. Mi hanno anche riferito che è composto da tecnologie che sulla Terra sono ancora in fase di sperimentazione, quindi…”
“Quindi…” dice Lin agitandosi sulla sedia.
“Quindi sono disposta a credervi, ma cosa potrei fare io per aiutarvi?” Poi aggiunge “Insomma, come possiamo credere a questi extraterrestri?”
Rimango interdetto. Se avesse ragione? Se mi avessero raggirato con giochi di parole?
Elisabeth1617
FINE PRIMA PARTE
Ritorno al passato
Nell'anno 3000 il genere umano sviluppò tecnologie super avanzate. Ormai computer, tablet, cellulari e tantissime nuove tecnologie avevano preso il sopravvento sugli umani. Questi però non sapevano cosa fare, secondo loro tutto era perduto, solo un piccolo gruppo di scienziati credeva ancora di riuscire a rimediare a questo errore. Finalmente dopo averci pensato per molto tempo arrivarono ad una soluzione, anche se la tecnologia aveva continuato a svilupparsi.
La loro idea era di costruire una potentissima macchina del tempo, con questa tornare indietro di circa 100 anni e vietare al genere umano lo sviluppo di queste tecnologie. In pochi giorni di durissimo lavoro questi scienziati riuscirono ad elaborare una vera e propria macchina per viaggiare nel tempo. Però arrivati a questo punto, Mike, lo scienziato che aveva avuto questa idea, chiese:” Chi mi vuole accompagnare in questa impossibile impresa?!”.
Subito nessuno si fece avanti e così Mike chiamò chi secondo lui era più adatto a compiere questo viaggio. Chiese a Jack, il suo migliore amico, a Kelly, un'amica per cui sotto sotto provava qualcosa e altri tre colleghi molto fidati. Però dopo questa notizia Jack gli disse:” Mike, sono felice che tu mi ritenga adatto a questa missione, e non voglio fare il codardo, ma io ho una famiglia. Come posso pensare di lasciarli in questo disastro, se non riuscissimo a tornare, se non riuscissimo a compiere tutto questo?”
”Questa non è una decisione che spetta a me, ma per quanto la famiglia mi sia cara, qui si tratta di salvare tutto il genere umano” gli disse Mike:” Comunque la proposta è ancora valida!!”.
Il giorno dopo Jack accertò la proposta e così questi sei scienziati partirono per questo interminabile viaggio. Salutarono i parenti e gli amici più cari, entrarono nel congegno temporale e come per incanto si trovarono 100 anni prima, in un mondo completamente diverso, bellissimo. Si ritrovarono in un vecchio capannone abbandonato, lì si accamparono per l'intero giorno e la notte, pianificando il giorno seguente e subito dopo andarono a dormire. Il giorno dopo facendo un giro per la città Kelly disse:” Ehi Mike, guarda!”. Un gigantesco palazzo in costruzione impediva la visione dell'orizzonte.
Tra qualche giorno sarebbe stata inaugurata la nuova agenzia sull0 studio e sullo sviluppo di nuove tecnologie, “Siete tutti invitati alla nostra inaugurazione, potrete provare splendidi computer, bellissimi telefoni e nuove tecnologie che non avete mai visto” lesse Jack da un gigantesco cartello piantato nel prato.
Mike stupito esclamò:” Dobbiamo trovare una soluzione prima dell'inaugurazione, o questo viaggio non sarà servito a niente!”. Andarono in un negozio di ferramenta, comprarono tutto l'occorrente e al ritorno si fermarono anche in un'armeria, comprarono un fucile e moltissime cartucce con del sedativo, in seguito tornarono di corsa al capannone.
Il giorno dell'inaugurazione sorprendentemente riuscirono a superare i controlli, dopo di ché Mike corse davanti ad un finestrone, si affacciò e urlò:” Lega il borsone alla corda!”, uno dei colleghi che non era ancora entrato lo fece e di corsa raggiunse gli altri. Fortunatamente nessuno sospettava di loro, così presero gli oggetti comprati in ferramenta e iniziarono a distruggere tutte le nuove tecnologie, riducendo tutto in pezzettini con grandi mazze.
Due guardie li sorpresero, subito chiamarono i progettisti delle tecnologie e Mike prese il fucile, lo caricò e iniziò a sparare. Dopo aver risolto questo problema continuarono a distruggere ogni cosa.” Attento Mike, dietro di te!!” urlò Jack. Adesso tutti gli scienziati erano sedati sul pavimento. Completarono il lavoro e infine, per assicurare la riuscita della missione, cancellarono la memoria con un congegno portato dal futuro a tutti i cervelloni che progettarono quelle super macchine. Nessuno poteva più costruire tecnologie del genere, nessuno si era macchiato le mani di sangue e il mondo e il genere umano erano salvi. Prima che tutti venissero a sapere di questo sabotaggio Mike, Jack, Kelly e gli altri tre colleghi corsero velocemente verso il capannone, entrarono nella macchina del tempo e iniziarono il viaggio di ritorno verso casa. Prima di partire Mike disse:” Ragazzi, abbiamo salvato il genere umano, adesso chi sa come sarà il nostro mondo?!”.
Homer1617
Nell'anno 3000 il genere umano sviluppò tecnologie super avanzate. Ormai computer, tablet, cellulari e tantissime nuove tecnologie avevano preso il sopravvento sugli umani. Questi però non sapevano cosa fare, secondo loro tutto era perduto, solo un piccolo gruppo di scienziati credeva ancora di riuscire a rimediare a questo errore. Finalmente dopo averci pensato per molto tempo arrivarono ad una soluzione, anche se la tecnologia aveva continuato a svilupparsi.
La loro idea era di costruire una potentissima macchina del tempo, con questa tornare indietro di circa 100 anni e vietare al genere umano lo sviluppo di queste tecnologie. In pochi giorni di durissimo lavoro questi scienziati riuscirono ad elaborare una vera e propria macchina per viaggiare nel tempo. Però arrivati a questo punto, Mike, lo scienziato che aveva avuto questa idea, chiese:” Chi mi vuole accompagnare in questa impossibile impresa?!”.
Subito nessuno si fece avanti e così Mike chiamò chi secondo lui era più adatto a compiere questo viaggio. Chiese a Jack, il suo migliore amico, a Kelly, un'amica per cui sotto sotto provava qualcosa e altri tre colleghi molto fidati. Però dopo questa notizia Jack gli disse:” Mike, sono felice che tu mi ritenga adatto a questa missione, e non voglio fare il codardo, ma io ho una famiglia. Come posso pensare di lasciarli in questo disastro, se non riuscissimo a tornare, se non riuscissimo a compiere tutto questo?”
”Questa non è una decisione che spetta a me, ma per quanto la famiglia mi sia cara, qui si tratta di salvare tutto il genere umano” gli disse Mike:” Comunque la proposta è ancora valida!!”.
Il giorno dopo Jack accertò la proposta e così questi sei scienziati partirono per questo interminabile viaggio. Salutarono i parenti e gli amici più cari, entrarono nel congegno temporale e come per incanto si trovarono 100 anni prima, in un mondo completamente diverso, bellissimo. Si ritrovarono in un vecchio capannone abbandonato, lì si accamparono per l'intero giorno e la notte, pianificando il giorno seguente e subito dopo andarono a dormire. Il giorno dopo facendo un giro per la città Kelly disse:” Ehi Mike, guarda!”. Un gigantesco palazzo in costruzione impediva la visione dell'orizzonte.
Tra qualche giorno sarebbe stata inaugurata la nuova agenzia sull0 studio e sullo sviluppo di nuove tecnologie, “Siete tutti invitati alla nostra inaugurazione, potrete provare splendidi computer, bellissimi telefoni e nuove tecnologie che non avete mai visto” lesse Jack da un gigantesco cartello piantato nel prato.
Mike stupito esclamò:” Dobbiamo trovare una soluzione prima dell'inaugurazione, o questo viaggio non sarà servito a niente!”. Andarono in un negozio di ferramenta, comprarono tutto l'occorrente e al ritorno si fermarono anche in un'armeria, comprarono un fucile e moltissime cartucce con del sedativo, in seguito tornarono di corsa al capannone.
Il giorno dell'inaugurazione sorprendentemente riuscirono a superare i controlli, dopo di ché Mike corse davanti ad un finestrone, si affacciò e urlò:” Lega il borsone alla corda!”, uno dei colleghi che non era ancora entrato lo fece e di corsa raggiunse gli altri. Fortunatamente nessuno sospettava di loro, così presero gli oggetti comprati in ferramenta e iniziarono a distruggere tutte le nuove tecnologie, riducendo tutto in pezzettini con grandi mazze.
Due guardie li sorpresero, subito chiamarono i progettisti delle tecnologie e Mike prese il fucile, lo caricò e iniziò a sparare. Dopo aver risolto questo problema continuarono a distruggere ogni cosa.” Attento Mike, dietro di te!!” urlò Jack. Adesso tutti gli scienziati erano sedati sul pavimento. Completarono il lavoro e infine, per assicurare la riuscita della missione, cancellarono la memoria con un congegno portato dal futuro a tutti i cervelloni che progettarono quelle super macchine. Nessuno poteva più costruire tecnologie del genere, nessuno si era macchiato le mani di sangue e il mondo e il genere umano erano salvi. Prima che tutti venissero a sapere di questo sabotaggio Mike, Jack, Kelly e gli altri tre colleghi corsero velocemente verso il capannone, entrarono nella macchina del tempo e iniziarono il viaggio di ritorno verso casa. Prima di partire Mike disse:” Ragazzi, abbiamo salvato il genere umano, adesso chi sa come sarà il nostro mondo?!”.
Homer1617
Un pianeta rovinato dai suoi abitanti
-Finalmente dopo tanti anni, siamo riusciti a creare una sonda capace di scansionare un pianeta e di darci molte informazioni su di esso. Queste informazioni sono difficili da spiegare, vi basterà sapere che questa sonda ci dirà tutto ciò che possiamo conoscere.
Così finì l’intervista allo scienziato Philips Anderson, uno studioso della A.P.S.E. (Agenzia Planetare delle Scienza Umane). Quel maledetto giorno non sarei dovuto andare a lavoro, ma ormai era troppo tardi, appena misi piede nell’ufficio mi trovai davanti a Philips, il mio capo, che mi disse:
-Signorino James, nel mio ufficio, forza!
Non era irritato, almeno, non più del solito.
-James, tutti e due sappiamo che sei il capo della migliore squadra di spedizione, giusto?
-S…S….Sì- risposi quasi terrorizzato.
-Perzetto- disse- E sai che ti offrirò una missione?
-Sì!-risposi incuriosito- Potrei avere qualche informazione in più?
-Ma certo, è scritto tutto in questo foglio- rispose aprendomi la porta.
-Arrivederci- dissi andandomene.
Appena uscito aprii quella specie di cartolina e impallidii, C’era lo schema di un pianeta stranissimo con monti molto alti e con grattacieli che li superavano, persone simili a noi ma con tecnologie avanzatissime e condizioni del tutto idonee alla vita.
Nella relazione c’era scritto che questo pianeta era nella nostra stessa orbita e perfettamente parallelo al nostro. La missione sembrava qualcosa di facile, dovevamo solamente vedere come si comportavano gli abitanti.
Lessi il foglio quattro volte prima di convincermi del grafico e alla fine dissi tutto ai miei colleghi che si preoccuparono come me, ma dovevamo partire. Ci mettemmo tutti le tutte necessarie per restare nello spazio novantun giorni per arrivare su quello strano pianeta. Ci svegliammo alle dieci del novantunesimo giorno e io mi affacciai all’oblò.
Eravamo perfettamente sopra di esso.-Che pianeta fantastico- dissi stupefatto.
-Hai ragione, è fantastico- ribatte il sottufficiale Nelson. Era un pianeta quasi completamente blu se non per una grandissima isola.
Decidemmo di lanciarci nell’atmosfera con un paracadute e con una tuta super-resisente. Mi lanciai per primo, e sinceramente era da un bel po’ che non lo facevo, dopo poco mi seguirono anche Nelson, Jack, Julien e Nina, insomma, tutta la squadra di spedizione. Arrivati sul pianeta ci accolsero due anziani.
-Da dove vi siete buttati? Non siamo vicini a dei monti o a qualche punto da cui buttarsi- disse l’anziana signora.
-Beh, n..noi ci siamo lanciati dall’ aereo- disse Nina, la più intelligente e perspicace della squadra.
-Ah, un aereo! Da quanto tempo è che non ci andiamo, caro?- disse
-Da una vita, circa quarantenni fa.- rispose il marito.
Ci accolsero per la notte e appena ci svegliammo partimmo, non sapevamo dove andare ma comunque ci stavamo muovendo.
Julien, l’avventuriera della squadra ci stava guidando verso il bosco più vicino perché, da quel che ci aveva detto, oltre il bosco, mentre cadeva, aveva visto una città. Il bosco era molto strano, non c’era neanche un albero con delle foglie in piena estate e in alto le nuvole assumevano un colore grigiastro tendente al nero.
-Non è normale!- dissi con aria decisa.
-Che cosa?- disse Nina.
-Come cosa?! Guarda in alto!
-Ho visto ma che ne sai, potrebbe essere un semplice temporale, in fondo, non sappiamo come sono su questo pianeta.
-Mi dispiace deluderti Nina ma credo sia altamente improbabile che questo colore delle nuvole sia dato da un semplice temporale, qui c’è sotto qualcosa!- disse Jack che aveva studiato meteorologia.
-Per me può essere qualunque cosa ma adesso noi ci dobbiamo muovere. FORZA!- disse Julien con tono perentorio.
-Va bene.- dissi, e proseguimmo.
Più ci avvicinavamo all’uscita e più si vedevamo alberi morti e caduti, come se fossero stati avvelenati. Appena uscimmo da quel bosco iniziò a piovere.
-Te l’avevo detto che sarebbe piovuto.- disse Nina con tono arrabbiato contro Jack.
-Ah, avevi ragione, però questa pioggia è molto strana e come se fosse…
-Ragazzi, è acida!!- dissi impaurito.
-Cosa?? Andiamo là, sotto quel portico.- ribatte Julien.
E per fortuna ci salvammo tutti, anche se era molto strano tutto ciò, infatti dopo solo cinque minuti smise di piovere ma le nuvole erano uguali identiche a prima come se non dipendesse dal temporale il loro colorito.
Girammo per delle ore, fino a quando non trovammo la città. Niente da dire sugli abitanti, erano perfettamente normali mentre l’intera città era completamente industrializzata e ogni casa faceva uscire da dei camini del gas nero come la pece.
-Perfetto, Abbiamo trovato la causa che ha reso le nuvole in quel modo- disse Jack.
-Secondo i dati del mio scanner ogni gas che emanano le case è inquinante al novanta per cento, questo comporta la morte di piante e animali.-disse Nelson l’addetto alle scannerizzazioni.
-Davvero! Come fanno a sopravvivere?- dissi incuriosito.
-Non lo so di preciso ma credo che quella cosa che hanno all’avambraccio serva a depurare l’ossigeno e a immetterlo nelle vene. Aspetta, il mio scanner rivela grosse radiazioni date dalle centrali, ma, com’è possibile?- rispose.
-Non so ma credo che gli animali si siano adattati all’inquinamento grazie anche alle radiazioni.- disse Nina.
-Molto strano, i dati della sonda dicevano che qui c’erano condizioni idonee alla vita, non può essere.- dissi.
-Una cosa è certa- ribatte Julien.- dobbiamo andarcene.
-Adesso non è possibile,la navicella non è sopra di noi e non ci può riportare in cima con il raggio trasportatore e anche se fosse, ci serve uno spazio più ampio quindi dobbiamo superare la città.- disse Nelson.
-Va bene niente panico,Nina tu devi cercare di capire il perché è successo questo chiedendo alle persone. Julien,invece dovrà capire quanto ci metteremo a uscire dalla città e a trovare uno spazio per il raggio. Jack, tu capisci quando ci saranno prossimi fenomeni atmosferici e capisci anche la potenza con cui si manifesteranno. Nelson, tu dovrai scannerizzarmi la flora del pianeta tramite un qualunque negozio di piante o orto botanico, mentre io cercherò di scannerizzare la fauna tramite uno zoo o un posto in cui vendono animali.- dissi.
-Sì signore.- esclamarono tutti.
-Perfetto avete due ore di tempo a partire da… Ora!
Ci dividemmo e io andai allo zoo più vicino seguendo le indicazioni stradali, entrai e ogni sorta di animale era diventato assurdo, sia in fatto di aspetto che in fatto di aggressività. Il cane era l’animale più pericoloso aveva delle unghie lunghe trenta centimetri e denti capaci di tagliate un una recinzione d’acciaio, aveva un foltissimo pelo all’in su di color bianco e per finire aveva una coda con alla fine l’osso fuori dalla pelle che era affilato come una spada.Appena arrivato al ritrovo vidi subito gli altri che dissero:
-James, ho scoperto che per arrivare in un posto libero per il raggio ci vorranno dieci ore e arriveremo proprio quando l’astronave sarà sopra di noi.- riferì Julien.
-Io invece ho scoperto che la flora è morta quasi del tutto a parte dei muschi, licheni e alberi radioattivi immangiabili.- disse Nelson.
-Ho scoperto che questo mondo è così per colpa dell’industrializzazione e per le centrali nucleari esplose da meteoriti e dagli stessi abitanti e per colpa di questi gas neri i raggi solari non riescono a passare ed ecco perché il posto è così pieno di lampioni sempre accesi.- espose Nina.
-Questi sono dei gran problemi! Se i gas sono nel posto in cui dovremmo far arrivare il raggio, esso non passerebbe e proprio quel giorno ci saranno dei terremoti, tsunami e uragani di dimensioni bibliche sarà una catastrofe che distruggerà il mondo, questo è tutto per colpa degli scioglimenti dei ghiacciai, dell’effetto serra e di altri fattori causati dagli abitanti!- disse Jack impaurito.
Ci mettemmo subito in marcia e superammo la città correndo per non perdere tempo e mentre stavamo uscendo per andare nel campo dove avremmo dovuto mandare il raggio la terra inizio a tremare.
-Questo terremoto è di grado 6.5, partiamo male.- disse Nelson.
Continuammo a camminare fino al punto giusto, ma era coperta da nubi nere e stava arrivando uno tsunami, un uragano in lontananza e come se non bastasse iniziò a piovere.
-Perfetto, ci mancava anche la pioggia acida, non ce la faremo mai!-dissi.
-In realtà siamo molto fortunati perché ho scoperto che quando piove le nubi si diradano- disse speranzosa Nina.
-Ora! Attiva il raggio!-urlai.
Il raggio funzionò e ci porto nell’ astronave prima dell’esplosione, è un peccato che un pianeta così bello sia stato rovinato così tanto dagli stessi abitanti, che stupida razza i terrestri e comunque la sonda non aveva sbagliato ma il mio capo mi diede il foglio sbagliato, maledetto Philips. Alla fine io convivo sul mio pianeta la mia vita quotidiana sul mio pianeta Zilion, a parte quando vado in missione!
Levi
-Finalmente dopo tanti anni, siamo riusciti a creare una sonda capace di scansionare un pianeta e di darci molte informazioni su di esso. Queste informazioni sono difficili da spiegare, vi basterà sapere che questa sonda ci dirà tutto ciò che possiamo conoscere.
Così finì l’intervista allo scienziato Philips Anderson, uno studioso della A.P.S.E. (Agenzia Planetare delle Scienza Umane). Quel maledetto giorno non sarei dovuto andare a lavoro, ma ormai era troppo tardi, appena misi piede nell’ufficio mi trovai davanti a Philips, il mio capo, che mi disse:
-Signorino James, nel mio ufficio, forza!
Non era irritato, almeno, non più del solito.
-James, tutti e due sappiamo che sei il capo della migliore squadra di spedizione, giusto?
-S…S….Sì- risposi quasi terrorizzato.
-Perzetto- disse- E sai che ti offrirò una missione?
-Sì!-risposi incuriosito- Potrei avere qualche informazione in più?
-Ma certo, è scritto tutto in questo foglio- rispose aprendomi la porta.
-Arrivederci- dissi andandomene.
Appena uscito aprii quella specie di cartolina e impallidii, C’era lo schema di un pianeta stranissimo con monti molto alti e con grattacieli che li superavano, persone simili a noi ma con tecnologie avanzatissime e condizioni del tutto idonee alla vita.
Nella relazione c’era scritto che questo pianeta era nella nostra stessa orbita e perfettamente parallelo al nostro. La missione sembrava qualcosa di facile, dovevamo solamente vedere come si comportavano gli abitanti.
Lessi il foglio quattro volte prima di convincermi del grafico e alla fine dissi tutto ai miei colleghi che si preoccuparono come me, ma dovevamo partire. Ci mettemmo tutti le tutte necessarie per restare nello spazio novantun giorni per arrivare su quello strano pianeta. Ci svegliammo alle dieci del novantunesimo giorno e io mi affacciai all’oblò.
Eravamo perfettamente sopra di esso.-Che pianeta fantastico- dissi stupefatto.
-Hai ragione, è fantastico- ribatte il sottufficiale Nelson. Era un pianeta quasi completamente blu se non per una grandissima isola.
Decidemmo di lanciarci nell’atmosfera con un paracadute e con una tuta super-resisente. Mi lanciai per primo, e sinceramente era da un bel po’ che non lo facevo, dopo poco mi seguirono anche Nelson, Jack, Julien e Nina, insomma, tutta la squadra di spedizione. Arrivati sul pianeta ci accolsero due anziani.
-Da dove vi siete buttati? Non siamo vicini a dei monti o a qualche punto da cui buttarsi- disse l’anziana signora.
-Beh, n..noi ci siamo lanciati dall’ aereo- disse Nina, la più intelligente e perspicace della squadra.
-Ah, un aereo! Da quanto tempo è che non ci andiamo, caro?- disse
-Da una vita, circa quarantenni fa.- rispose il marito.
Ci accolsero per la notte e appena ci svegliammo partimmo, non sapevamo dove andare ma comunque ci stavamo muovendo.
Julien, l’avventuriera della squadra ci stava guidando verso il bosco più vicino perché, da quel che ci aveva detto, oltre il bosco, mentre cadeva, aveva visto una città. Il bosco era molto strano, non c’era neanche un albero con delle foglie in piena estate e in alto le nuvole assumevano un colore grigiastro tendente al nero.
-Non è normale!- dissi con aria decisa.
-Che cosa?- disse Nina.
-Come cosa?! Guarda in alto!
-Ho visto ma che ne sai, potrebbe essere un semplice temporale, in fondo, non sappiamo come sono su questo pianeta.
-Mi dispiace deluderti Nina ma credo sia altamente improbabile che questo colore delle nuvole sia dato da un semplice temporale, qui c’è sotto qualcosa!- disse Jack che aveva studiato meteorologia.
-Per me può essere qualunque cosa ma adesso noi ci dobbiamo muovere. FORZA!- disse Julien con tono perentorio.
-Va bene.- dissi, e proseguimmo.
Più ci avvicinavamo all’uscita e più si vedevamo alberi morti e caduti, come se fossero stati avvelenati. Appena uscimmo da quel bosco iniziò a piovere.
-Te l’avevo detto che sarebbe piovuto.- disse Nina con tono arrabbiato contro Jack.
-Ah, avevi ragione, però questa pioggia è molto strana e come se fosse…
-Ragazzi, è acida!!- dissi impaurito.
-Cosa?? Andiamo là, sotto quel portico.- ribatte Julien.
E per fortuna ci salvammo tutti, anche se era molto strano tutto ciò, infatti dopo solo cinque minuti smise di piovere ma le nuvole erano uguali identiche a prima come se non dipendesse dal temporale il loro colorito.
Girammo per delle ore, fino a quando non trovammo la città. Niente da dire sugli abitanti, erano perfettamente normali mentre l’intera città era completamente industrializzata e ogni casa faceva uscire da dei camini del gas nero come la pece.
-Perfetto, Abbiamo trovato la causa che ha reso le nuvole in quel modo- disse Jack.
-Secondo i dati del mio scanner ogni gas che emanano le case è inquinante al novanta per cento, questo comporta la morte di piante e animali.-disse Nelson l’addetto alle scannerizzazioni.
-Davvero! Come fanno a sopravvivere?- dissi incuriosito.
-Non lo so di preciso ma credo che quella cosa che hanno all’avambraccio serva a depurare l’ossigeno e a immetterlo nelle vene. Aspetta, il mio scanner rivela grosse radiazioni date dalle centrali, ma, com’è possibile?- rispose.
-Non so ma credo che gli animali si siano adattati all’inquinamento grazie anche alle radiazioni.- disse Nina.
-Molto strano, i dati della sonda dicevano che qui c’erano condizioni idonee alla vita, non può essere.- dissi.
-Una cosa è certa- ribatte Julien.- dobbiamo andarcene.
-Adesso non è possibile,la navicella non è sopra di noi e non ci può riportare in cima con il raggio trasportatore e anche se fosse, ci serve uno spazio più ampio quindi dobbiamo superare la città.- disse Nelson.
-Va bene niente panico,Nina tu devi cercare di capire il perché è successo questo chiedendo alle persone. Julien,invece dovrà capire quanto ci metteremo a uscire dalla città e a trovare uno spazio per il raggio. Jack, tu capisci quando ci saranno prossimi fenomeni atmosferici e capisci anche la potenza con cui si manifesteranno. Nelson, tu dovrai scannerizzarmi la flora del pianeta tramite un qualunque negozio di piante o orto botanico, mentre io cercherò di scannerizzare la fauna tramite uno zoo o un posto in cui vendono animali.- dissi.
-Sì signore.- esclamarono tutti.
-Perfetto avete due ore di tempo a partire da… Ora!
Ci dividemmo e io andai allo zoo più vicino seguendo le indicazioni stradali, entrai e ogni sorta di animale era diventato assurdo, sia in fatto di aspetto che in fatto di aggressività. Il cane era l’animale più pericoloso aveva delle unghie lunghe trenta centimetri e denti capaci di tagliate un una recinzione d’acciaio, aveva un foltissimo pelo all’in su di color bianco e per finire aveva una coda con alla fine l’osso fuori dalla pelle che era affilato come una spada.Appena arrivato al ritrovo vidi subito gli altri che dissero:
-James, ho scoperto che per arrivare in un posto libero per il raggio ci vorranno dieci ore e arriveremo proprio quando l’astronave sarà sopra di noi.- riferì Julien.
-Io invece ho scoperto che la flora è morta quasi del tutto a parte dei muschi, licheni e alberi radioattivi immangiabili.- disse Nelson.
-Ho scoperto che questo mondo è così per colpa dell’industrializzazione e per le centrali nucleari esplose da meteoriti e dagli stessi abitanti e per colpa di questi gas neri i raggi solari non riescono a passare ed ecco perché il posto è così pieno di lampioni sempre accesi.- espose Nina.
-Questi sono dei gran problemi! Se i gas sono nel posto in cui dovremmo far arrivare il raggio, esso non passerebbe e proprio quel giorno ci saranno dei terremoti, tsunami e uragani di dimensioni bibliche sarà una catastrofe che distruggerà il mondo, questo è tutto per colpa degli scioglimenti dei ghiacciai, dell’effetto serra e di altri fattori causati dagli abitanti!- disse Jack impaurito.
Ci mettemmo subito in marcia e superammo la città correndo per non perdere tempo e mentre stavamo uscendo per andare nel campo dove avremmo dovuto mandare il raggio la terra inizio a tremare.
-Questo terremoto è di grado 6.5, partiamo male.- disse Nelson.
Continuammo a camminare fino al punto giusto, ma era coperta da nubi nere e stava arrivando uno tsunami, un uragano in lontananza e come se non bastasse iniziò a piovere.
-Perfetto, ci mancava anche la pioggia acida, non ce la faremo mai!-dissi.
-In realtà siamo molto fortunati perché ho scoperto che quando piove le nubi si diradano- disse speranzosa Nina.
-Ora! Attiva il raggio!-urlai.
Il raggio funzionò e ci porto nell’ astronave prima dell’esplosione, è un peccato che un pianeta così bello sia stato rovinato così tanto dagli stessi abitanti, che stupida razza i terrestri e comunque la sonda non aveva sbagliato ma il mio capo mi diede il foglio sbagliato, maledetto Philips. Alla fine io convivo sul mio pianeta la mia vita quotidiana sul mio pianeta Zilion, a parte quando vado in missione!
Levi
Vite elettriche
Nel 2096 gli uomini crearono una struttura in grado di alimentare una serie di cavi elettrici che aumentavano la forza dell'elettricità rendendola più veloce e duratura. Infatti la tecnologia si era sviluppata moltissimo e si stava ancora evolvendo, gli umani erano riusciti ad avere un contatto anche con extraterrestri.
In quell'anno la NASA aveva mandato diverse astronavi per studiare e conoscere i pianeti con i loro abitanti. Una di queste astronavi, guidato da uno scienziato, Fred Loner, arrivò sul pianeta abitato da forme di vita somiglianti ad un circuito elettrico. Fred penso che avrebbe potuto aumentare la forza dell'elettricità inserendo diversi esseri nella struttura, ma poi ripensandoci decise di non portarli con sé e perché temeva avrebbero potuto causare danni. Iniziò quindi a studiare queste creature.
Scoprì che erano esattamente uguale all'energia che alimentava la struttura. Prese il cellulare e si fece un selfie per poi mostrarlo gli altri scienziati quando sarebbe tornato a casa. Rientrando nell'astronave spense il cellulare lo mise nella tasca, sentì una specie di scarica di energia che lo spaventò. Guardò la tasca, non c'era niente di diverso dal solito: i soliti attrezzi da lavoro, le solite chiavi, I soliti fazzoletti, di solito cellulare e tutto il resto... Lo scienziato si calmò e pensò che la strana sensazione potesse essere provocata dal luogo in cui si trovava. Iniziò il viaggio di ritorno.
All'arrivo erano tutti lì ad aspettarlo, con i giornalisti che lo intervistavano, la sua famiglia i suoi amici ad abbracciarlo. Dopo qualche ora i giornalisti si calmarono e l'intervistato poté andarsene. A casa prese in mano il telefono, lo mise a caricare, lascio le chiavi nel mobiletto e consegnò gli strumenti alla NASA. Poco tempo dopo venne a mancare la luce. Improvvisamente il telefono preso tutta la sua carica. I vicini urlavano:” La luce è saltata! Ah! Una scarica di energia, cos’è?”
Dopo qualche ora tornò la luce a casa di Fred. Uscì, controllò se era tornata tutti o solo ad alcuni. Fece un passo fuori dalla porta di casa, vide la punta della struttura, c'erano dei "fili" di elettricità che le giravano intorno.
“Una scossa, somiglia ad un terremoto!” gridò. Uscirono tutti nelle loro case, spaventati, guardarono quell'immensa costruzione caricarsi sempre più di energia, sempre più potente. Comparve una luce abbagliante, azzurra e bianca splendente, nella casa dello scienziato. La vide Luke, suo figlio, nei suoi occhi vi era riflessa la paura. Girandosi urlò:” Papà! Mamma! Cos’è quella luce che viene da casa?”
Si girano tutti a guardare la casa dell'astronauta. La struttura smise di sovraccaricarsi ma la luce continuò, ci fu un attimo di pace ma molto limitato, appena gli abitanti iniziarono a pensare che finalmente potesse essere tutto finito, arrivò una scossa, L'elettricità cominciò a spargersi sulla terra e fu in quel momento che Fred capì tutto. Aspettò la fine della scossa, poi, sapendo di avere pochissimi secondi di tempo, corse in casa. Nessuno sapeva cosa fosse andato a fare. Quando uscì, con il telefono in mano, disse:” Questo è la causa di tutto quello che è successo, il mio telefono.”
La gente lo guardò come se non stesse capendo ed infatti era proprio così, nessuno aveva capito cioè che aveva detto. Aggiunse:” Vedete, ora è tutto finito. Perché ho scollegato il telefono, era diventato questo la principale fonte di energia. Quando ero su quel pianeta, dopo aver studiato gli esseri, feci una foto col cellulare ad uno di loro.”
Uno dei vicini lo interruppe e chiese:” Questo cosa c’entra con il cortocircuito?
Fred riprese il discorso è spiegò:” Quelle creature sono praticamente uguali alla nostra energia, infatti pensai anche di portarne una sulla terra, ma poi non lo feci. Quelle creature hanno una potenza che il nostro pianeta non è in grado di sopportare. Probabilmente usando il cellulare uno o più di quegli esseri è entrato nel sistema del cellulare stesso e quando io l’ho messo sotto carica l’energia è arrivata alla struttura e da lì, mescolandosi con l’elettricità, si è distribuita per tutte le case. Ora avendo scollegato il telefono la fonte non c’è più.”
Tutto tornò come prima, gli abitanti tornarono nelle loro case, la luce e l'elettricità ripresero e il telefono è finito in un magazzino della Nasa dove aspetta di essere distrutto.
Swash
Nel 2096 gli uomini crearono una struttura in grado di alimentare una serie di cavi elettrici che aumentavano la forza dell'elettricità rendendola più veloce e duratura. Infatti la tecnologia si era sviluppata moltissimo e si stava ancora evolvendo, gli umani erano riusciti ad avere un contatto anche con extraterrestri.
In quell'anno la NASA aveva mandato diverse astronavi per studiare e conoscere i pianeti con i loro abitanti. Una di queste astronavi, guidato da uno scienziato, Fred Loner, arrivò sul pianeta abitato da forme di vita somiglianti ad un circuito elettrico. Fred penso che avrebbe potuto aumentare la forza dell'elettricità inserendo diversi esseri nella struttura, ma poi ripensandoci decise di non portarli con sé e perché temeva avrebbero potuto causare danni. Iniziò quindi a studiare queste creature.
Scoprì che erano esattamente uguale all'energia che alimentava la struttura. Prese il cellulare e si fece un selfie per poi mostrarlo gli altri scienziati quando sarebbe tornato a casa. Rientrando nell'astronave spense il cellulare lo mise nella tasca, sentì una specie di scarica di energia che lo spaventò. Guardò la tasca, non c'era niente di diverso dal solito: i soliti attrezzi da lavoro, le solite chiavi, I soliti fazzoletti, di solito cellulare e tutto il resto... Lo scienziato si calmò e pensò che la strana sensazione potesse essere provocata dal luogo in cui si trovava. Iniziò il viaggio di ritorno.
All'arrivo erano tutti lì ad aspettarlo, con i giornalisti che lo intervistavano, la sua famiglia i suoi amici ad abbracciarlo. Dopo qualche ora i giornalisti si calmarono e l'intervistato poté andarsene. A casa prese in mano il telefono, lo mise a caricare, lascio le chiavi nel mobiletto e consegnò gli strumenti alla NASA. Poco tempo dopo venne a mancare la luce. Improvvisamente il telefono preso tutta la sua carica. I vicini urlavano:” La luce è saltata! Ah! Una scarica di energia, cos’è?”
Dopo qualche ora tornò la luce a casa di Fred. Uscì, controllò se era tornata tutti o solo ad alcuni. Fece un passo fuori dalla porta di casa, vide la punta della struttura, c'erano dei "fili" di elettricità che le giravano intorno.
“Una scossa, somiglia ad un terremoto!” gridò. Uscirono tutti nelle loro case, spaventati, guardarono quell'immensa costruzione caricarsi sempre più di energia, sempre più potente. Comparve una luce abbagliante, azzurra e bianca splendente, nella casa dello scienziato. La vide Luke, suo figlio, nei suoi occhi vi era riflessa la paura. Girandosi urlò:” Papà! Mamma! Cos’è quella luce che viene da casa?”
Si girano tutti a guardare la casa dell'astronauta. La struttura smise di sovraccaricarsi ma la luce continuò, ci fu un attimo di pace ma molto limitato, appena gli abitanti iniziarono a pensare che finalmente potesse essere tutto finito, arrivò una scossa, L'elettricità cominciò a spargersi sulla terra e fu in quel momento che Fred capì tutto. Aspettò la fine della scossa, poi, sapendo di avere pochissimi secondi di tempo, corse in casa. Nessuno sapeva cosa fosse andato a fare. Quando uscì, con il telefono in mano, disse:” Questo è la causa di tutto quello che è successo, il mio telefono.”
La gente lo guardò come se non stesse capendo ed infatti era proprio così, nessuno aveva capito cioè che aveva detto. Aggiunse:” Vedete, ora è tutto finito. Perché ho scollegato il telefono, era diventato questo la principale fonte di energia. Quando ero su quel pianeta, dopo aver studiato gli esseri, feci una foto col cellulare ad uno di loro.”
Uno dei vicini lo interruppe e chiese:” Questo cosa c’entra con il cortocircuito?
Fred riprese il discorso è spiegò:” Quelle creature sono praticamente uguali alla nostra energia, infatti pensai anche di portarne una sulla terra, ma poi non lo feci. Quelle creature hanno una potenza che il nostro pianeta non è in grado di sopportare. Probabilmente usando il cellulare uno o più di quegli esseri è entrato nel sistema del cellulare stesso e quando io l’ho messo sotto carica l’energia è arrivata alla struttura e da lì, mescolandosi con l’elettricità, si è distribuita per tutte le case. Ora avendo scollegato il telefono la fonte non c’è più.”
Tutto tornò come prima, gli abitanti tornarono nelle loro case, la luce e l'elettricità ripresero e il telefono è finito in un magazzino della Nasa dove aspetta di essere distrutto.
Swash
Una scoperta inutile
Io solo, sotto le macerie di questi maledetti alieni. Vivo dentro ad un grande cassonetto mangiando avanzi degli extraterrestri. Gli umani scappati via con le mie navicelle spaziali dimenticandosi di me, il grande scienziato Alfred Rextor. Forse sono l'unico umano rimasto sulla terra a soffrire, mentre gli altri terrestri sono a godersi la vita in un altro pianeta scoperta dai miei satelliti. Tutta colpa del mio acerbo nemico, che ha rubato tutti i miei documenti con le grandiose idee che hanno fatto proseguire l'umanità.
30 anni prima
Io in un giorno d'estate mi alzai presto per pulire il mio laboratorio. Pulendo vidi un segnale collegato al mio computer lampeggiare. Dallo spavento accesi il computer e le telecamere dei miei satelliti. Mi fecero vedere dei giganteschi dischi volanti. Spaventato chiamai i miei collaboratori scienziati e gli dissi: "Secondo me Terra rischia di essere danneggiata dagli alieni". I collaboratori risposero:" Impossibile, cosa dovrebbero fare gli alieni nel nostro pianeta quando la loro tecnologia è più avanzata della nostra!" e riattaccarono.
Io feci finta di niente. Rimasi sconvolto da quello che avevo visto e rimasi seduto sul divano per riposarmi, però non riuscii a dimenticare i dischi volanti che seguivano la nostra orbita nello spazio. Cercai di pensare al giorno dopo, cioè quello del mio compleanno. Mi addormentai alle dieci di sera svegliandomi alle cinque del mattino.
Mi svegliò un rumore proveniente dal mio giardino. Rimasi a guardare il telegiornale, quando sentii che questo rumore iniziava ad aumentare. Dallo spavento andai nella mia camera segreta a vedere le inquadrature delle mie telecamere. Vidi nel mio giardino atterrare un elicottero da cui scesero dei militari armati che circondarono la mia casa. Io mi nascosi sotto la mia scrivania e dopo due ore dalla fame non riuscii a resistere, andai in cucina a prendere uno snack e appena mi girai vidi un militare. Dallo spavento rimasi immobile e gli chiesi cosa volessero da me. All' improvviso il militare prese una corda e mi legò braccia e gambe, e mi mise una benda negli occhi. Mi prese in braccio portandomi dentro l'elicottero. Mi ci fecero sedere, mi tolsero la benda dagli occhi e vidi una persona in giacca e in cravatta.
Era il mio migliore amico, lo scienziato "Philips". Ci eravamo conosciuti circa cinque anni prima in Sud Africa a cercare di sterminare l'ebola con i nuovi farmaci. Spaventato chiesi al mio amico:" Dove ci stai portando in elicottero?". Lui rispose:" Non posso risponderti".
Dopo circa una ventina di minuti scesi dall'elicottero e mi portarono in una grandissima base sotterranea. Li vidi altri scienziati legati come me. All'improvviso venne un robot vicino a noi scienziati e ci spiegò il motivo per cui ci trovavamo in quella base segreta. Ci disse:" Abbiamo scoperto che un esercito di alieni ha intenzione di attaccare da un momento all'altro il nostro pianeta. Abbiamo in mente di costruire un grandissimo cannone spara-laser in modo di colpirli nello spazio in aria e farli fuori".
Noi scienziati, dopo aver trascorso una giornata intera, riuscimmo a progettare il cannone. Infine mi riportarono a casa in elicottero e entrai immediatamente nel mio laboratorio tentando di pensare ad un'altra idea. Feci una ricerca e dal mio satellite scoprii un altro pianeta dove c'era acqua e ossigeno. Trascorsi un'intera notte a pensarci e dopo cinque ore arrivai ad una soluzione. Inventai due grandi navicelle in modo di trasportare tutte le popolazioni del mondo in questo pianeta. Alle quattro del mattino, andai nel mio letto a dormire. Mi alzai e vidi dalla finestra ancora questi maledetti militari. Mi vestii, e andai a aprire la porta. Chiesi a loro cosa volessero da me. Mi presero come il giorno prima e mi misero in un furgone.
Mi ritrovai di nuovo nello stesso laboratorio per studiare il cannone spara-laser. I robot dissero che il cannone progettato da me non era per niente resistente. Dovetti passare un'altra giornata ad aggiustare il cannone senza neanche aver fatto colazione e aver pranzato. Fortunatamente avevo una bottiglia d'acqua fresca in tasca. Circa alle otto di sera i militari mi lasciarono davanti casa e mi incamminai verso la porta principale. Ad un tratto vidi la porta spalancata, entrai e vidi delle impronta che attraversavano il mio salotto. Spaventato andai di nascosto in cucina a prendere la mia pistola nascosta e esaminai tutta la casa in caso ci fosse qualcuno. Andai a vedere il mio laboratorio, controllando se ci fossero i miei progetti segreti, però niente. Vidi tutti i miei computer scaraventati per terra e le mie scrivanie distrutte. Mi chiesi:" Chi sarà stato?".
Slatan
FINE PRIMA PARTE
Io solo, sotto le macerie di questi maledetti alieni. Vivo dentro ad un grande cassonetto mangiando avanzi degli extraterrestri. Gli umani scappati via con le mie navicelle spaziali dimenticandosi di me, il grande scienziato Alfred Rextor. Forse sono l'unico umano rimasto sulla terra a soffrire, mentre gli altri terrestri sono a godersi la vita in un altro pianeta scoperta dai miei satelliti. Tutta colpa del mio acerbo nemico, che ha rubato tutti i miei documenti con le grandiose idee che hanno fatto proseguire l'umanità.
30 anni prima
Io in un giorno d'estate mi alzai presto per pulire il mio laboratorio. Pulendo vidi un segnale collegato al mio computer lampeggiare. Dallo spavento accesi il computer e le telecamere dei miei satelliti. Mi fecero vedere dei giganteschi dischi volanti. Spaventato chiamai i miei collaboratori scienziati e gli dissi: "Secondo me Terra rischia di essere danneggiata dagli alieni". I collaboratori risposero:" Impossibile, cosa dovrebbero fare gli alieni nel nostro pianeta quando la loro tecnologia è più avanzata della nostra!" e riattaccarono.
Io feci finta di niente. Rimasi sconvolto da quello che avevo visto e rimasi seduto sul divano per riposarmi, però non riuscii a dimenticare i dischi volanti che seguivano la nostra orbita nello spazio. Cercai di pensare al giorno dopo, cioè quello del mio compleanno. Mi addormentai alle dieci di sera svegliandomi alle cinque del mattino.
Mi svegliò un rumore proveniente dal mio giardino. Rimasi a guardare il telegiornale, quando sentii che questo rumore iniziava ad aumentare. Dallo spavento andai nella mia camera segreta a vedere le inquadrature delle mie telecamere. Vidi nel mio giardino atterrare un elicottero da cui scesero dei militari armati che circondarono la mia casa. Io mi nascosi sotto la mia scrivania e dopo due ore dalla fame non riuscii a resistere, andai in cucina a prendere uno snack e appena mi girai vidi un militare. Dallo spavento rimasi immobile e gli chiesi cosa volessero da me. All' improvviso il militare prese una corda e mi legò braccia e gambe, e mi mise una benda negli occhi. Mi prese in braccio portandomi dentro l'elicottero. Mi ci fecero sedere, mi tolsero la benda dagli occhi e vidi una persona in giacca e in cravatta.
Era il mio migliore amico, lo scienziato "Philips". Ci eravamo conosciuti circa cinque anni prima in Sud Africa a cercare di sterminare l'ebola con i nuovi farmaci. Spaventato chiesi al mio amico:" Dove ci stai portando in elicottero?". Lui rispose:" Non posso risponderti".
Dopo circa una ventina di minuti scesi dall'elicottero e mi portarono in una grandissima base sotterranea. Li vidi altri scienziati legati come me. All'improvviso venne un robot vicino a noi scienziati e ci spiegò il motivo per cui ci trovavamo in quella base segreta. Ci disse:" Abbiamo scoperto che un esercito di alieni ha intenzione di attaccare da un momento all'altro il nostro pianeta. Abbiamo in mente di costruire un grandissimo cannone spara-laser in modo di colpirli nello spazio in aria e farli fuori".
Noi scienziati, dopo aver trascorso una giornata intera, riuscimmo a progettare il cannone. Infine mi riportarono a casa in elicottero e entrai immediatamente nel mio laboratorio tentando di pensare ad un'altra idea. Feci una ricerca e dal mio satellite scoprii un altro pianeta dove c'era acqua e ossigeno. Trascorsi un'intera notte a pensarci e dopo cinque ore arrivai ad una soluzione. Inventai due grandi navicelle in modo di trasportare tutte le popolazioni del mondo in questo pianeta. Alle quattro del mattino, andai nel mio letto a dormire. Mi alzai e vidi dalla finestra ancora questi maledetti militari. Mi vestii, e andai a aprire la porta. Chiesi a loro cosa volessero da me. Mi presero come il giorno prima e mi misero in un furgone.
Mi ritrovai di nuovo nello stesso laboratorio per studiare il cannone spara-laser. I robot dissero che il cannone progettato da me non era per niente resistente. Dovetti passare un'altra giornata ad aggiustare il cannone senza neanche aver fatto colazione e aver pranzato. Fortunatamente avevo una bottiglia d'acqua fresca in tasca. Circa alle otto di sera i militari mi lasciarono davanti casa e mi incamminai verso la porta principale. Ad un tratto vidi la porta spalancata, entrai e vidi delle impronta che attraversavano il mio salotto. Spaventato andai di nascosto in cucina a prendere la mia pistola nascosta e esaminai tutta la casa in caso ci fosse qualcuno. Andai a vedere il mio laboratorio, controllando se ci fossero i miei progetti segreti, però niente. Vidi tutti i miei computer scaraventati per terra e le mie scrivanie distrutte. Mi chiesi:" Chi sarà stato?".
Slatan
FINE PRIMA PARTE